La Letteratura al tempo di Twitter

La Letteratura attraverso Twitter, ovvero la possibilità di divulgare i contenuti delle opere letterarie in modo rapido, immediato e soprattutto sintetico.
Può un romanzo essere riassunto nei centoquaranta caratteri di un tweet? Sì, secondo Paolo Costa, Hassan Bogdan Pautàs e Pierluigi Vaccaneo, che portano avanti con determinazione il loro progetto di “twitteratura”, il cui scopo è affrontare temi complessi divertendosi.
Il loro è un progetto che nasce dal basso, frutto di una serie di esperimenti che ha suscitato l’interesse e l’attenzione del Festival della Letteratura: hanno cominciato twittando Raymond Queneau e sono poi passati a Cesare Pavese, di cui hanno riscritto a suon di tweet Dialoghi con Leucò e La Luna i falò.

 

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Nella giornata conclusiva del Festival, presso l’ex Fornace, hanno presentato al pubblico milanese il loro esperimento su La luna e i falò, invitando le persone presenti in sala a cimentarsi nella “stesura” di un tweet ispirato alle prime, meravigliose pagine del romanzo. E hanno lanciato la loro prossima sfida, la riscrittura degli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, che partirà a giorni: siete tutti invitati a mettervi alla prova, e che vinca il cinguettio migliore.

 

Per ulteriori informazioni http://www.twitteratura.it

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Malapolizia, storie che lo Stato vorrebbe farci dimenticare

Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte
mi cercarono l’anima a forza di botte

Un blasfemo
, Fabrizio De André

Il libro di Adriano Chiarelli Malapolizia (Newton Compton), uscito nell’ottobre del 2011, è stato lo spunto per la discussione che si è tenuta il pomeriggio di sabato 8 giugno al centro sociale Conchetta. Il libro-inchiesta svela i retroscena e le questioni più spinose, troppo spesso messi a tacere, delle morti non chiarite che lo Stato vorrebbe farci dimenticare, da Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi a tante altre storie che non hanno avuto la stessa eco mediatica, ma che devono ugualmente essere raccontate. Alla discussione hanno partecipato Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva, e Domenica Ferrulli, figlia di Michele. Hanno raccontato la storia di Giuseppe, ucciso a Varese il 14 giugno 2008, e di Michele, ucciso a Milano il 30 giugno 2011. Due vite spezzate, due storie di violenza che continua a essere negata, due morti troppo uguali a tante altre, insabbiate dai silenzi e dalle omertà istituzionali. Lucia e Domenica parlano e si raccontano. Certo, sarebbe più comodo, e sicuramente meno doloroso, chiudere gli occhi e cercare di dimenticare. Invece Lucia e Domenica i loro occhi li tengono ben aperti, perché non vogliono dimenticare e non vogliono che nessuno dimentichi Giuseppe Uva e Michele Ferrulli, e, anche se ogni parola è un morsa che soffoca un pezzo della loro anima, loro continueranno a parlare finché avranno la forza di respirare. Lucia porta avanti la sua battaglia da cinque anni e il processo sta per andare in prescrizione. È una donna forte Lucia, che si fa carico anche delle battaglie di chi coraggio non ne ha: le rughe che le segnano gli occhi rivelano tutta la sua sofferenza, eppure nello sguardo ha quella luce che non vuole saperne di spegnersi. Non ci crede più nella giustizia Lucia, ma continua a lottare. Per gli altri. Perché non accada più a nessuno quello che è successo a Giuseppe.

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VioleperEnza, quando il coraggio si fa donna

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Sette donne, sette storie, sette voci che si levano in alto per gridare orrore e violenza, e che spesso vengono messe a tacere nel modo più brutale.

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La voce di Lea Garofalo, uccisa dalla mafia perché testimone di giustizia. La voce di Isoke Aikpitanyi, vittima della tratta delle nigeriane, che lotta per porre fine a questa morte del corpo e dall’anima al grido di “mai più schiave”. Quella di Nahal Sahabi, blogger vittima della repressione in Iran e quella di Marisel Ortiz Rivera, impegnata nella lotta al femminicido. La voce di Assetou Billa Nonkane, che si batte contro le mutilazioni genitali in Burkina Faso, e quella di Neda Agha-Soltan, simbolo della protesta di Teheran del 2009, che in quella protesta la voce l’ha persa. La voce di Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa perché scomoda, perché raccontava la verità e ha denunciato i diritti violati del popolo russo e di quello ceceno.

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Lo spettacolo, promosso da Zeroconfini Onlus, è andato in scena sabato 8 giugno presso il Chiostro dei Glicini dell’Umanitaria.

Rosetta de Woltery: assolta

Nella terza giornata del Festival della Letteratura si è svolto un evento molto speciale: il Caffè letterario di Mursia ha ospitato il Tribunale della Poesia, presieduto dal giudice-poeta Guido Oldani, per riabilitare l’artista milanese Elvira Rosetta Andrezzi, in arte Rosetta de Woltery, protagonista anche di una delle Cronachette di Leonardo Sciascia.

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Sulla morte di Rosetta, canzonettista del teatro San Martino nella Milano del 1913, ma ingiustamente accusata di essere una prostituta, troppe contraddizioni e falsità. Così, a cent’anni da quello che oggi sappiamo essere stato un omicidio, questo singolare tribunale ha voluto renderle giustizia.

Al banco degli imputati autori, poeti e attori che hanno voluto testimoniare in favore dell’artista milanese con brani scritti per l’occasione, poesie, ricostruzioni storiche, canzoni e racconti dell’epoca: hanno partecipato Roberto Marelli, Mario Dagnoni, Roberto Carusi, Aleardo Caleari, Franco Loi, Tiziano Rossi, Amedeo Anelli, Maddalena Capalbi, Beppe Mariano, Fausta Squatriti, Mariella de Santis, Maria di Lucia e molti altri.

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A riportarci nel 2013, dopo aver fatto chiarezza su questa drammatica vicenda, l’esibizione delle Percussioni Industriali.

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Morti nel silenzio, storia del genocidio armeno

Uno spettacolo per ricordare e per dare la voce ai troppi morti nel silenzio, le vittime del genocidio armeno ancora negato dalla Turchia: è quello messo in scena al Circolo Arci Bellezza durante la seconda serata del Festival della Letteratura.

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La storia del genocidio, che ha già dei precedenti tra il 1894 e il 1896, comincia “ufficialmente” il 24 aprile 1915, e ci viene raccontata attraverso dialoghi, video e coreografie. E soprattutto attraverso le testimonianze dei pochi sopravvissuti, le cui strazianti parole raccontano l’efferatezza e la crudeltà dell’esercito turco. Le umiliazioni, i soprusi e le torture rimbombano nella stanza e nella testa degli spettatori, insieme all’assordante rumore delle grida di un popolo che continua a chiedere giustizia.

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Con Eleonora Ceretti e Barbara Palumbo. Voce narrante Silvia Gallinella, improvvisazioni vocali di Fabiana Francesconi. Video: Stefano Nacci, Testo: Barbara Palumbo, Musiche: Eleonora Ceretti, costumi Stefania Nardelli.

La felicità araba di Shady Hamadi

Il 6 giugno, presso il negozio civico ChiAmaMilano, Shady Hamadi ha presentato il suo libro, La felicità araba (Add Editore), con il patrocinio di Amnesty International; Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha firmato l’introduzione che segue la prefazione di Dario Fo.

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Hamadi parla della Siria, e lo fa attraverso le dolorose vicende familiari, in un racconto in cui la storia di quel paese martoriato da troppo tempo, che è anche il suo, è fortemente legato alla storia della sua famiglia. Racconta la realtà siriana Hamadi, quella realtà che ha potuto vedere da vicino per poco, a causa dell’esilio di suo padre Mohamed, ma che conosce benissimo grazie agli amici siriani, che vivono sotto le bombe, a uno studio approfondito della materia e ai ricordi che sono diventati suoi.

L’analisi lucida dello storico a volte lascia trapelare il coinvolgimento e la passione dell’attivista dei diritti umani, e va a toccare le corde più intime del pubblico, che inizia a dialogare con l’autore. Esiste una possibilità di riconciliazione? Perché si parla poco della Siria? Cosa possiamo fare perché la gente sappia quello che succede dal 1963? La conversazione tra l’autore, che collabora anche con il Fatto Quotidiano, e il pubblico diventa uno scambio di idee e proposte per sensibilizzare l’opinione pubblica e per capire cosa possiamo fare per portare l’attenzione delle istituzioni –che sembrano non essere a conoscenza del provato uso di armi chimiche, ad esempio- su quello che sta succedendo in Siria.

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La felicità araba, risposta a L’infelicità araba di Samir Kassir, è un percorso di emancipazione lento e graduale, che, secondo Hamadi, può arrivare attraverso una laicità non imposta dal modello occidentale, quale valore occidentale importato nella realtà siriana, ma endogena. Un percorso che durerà decenni, ma al quale tutti noi possiamo e dobbiamo dare un contributo.