Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte
mi cercarono l’anima a forza di botte
Un blasfemo, Fabrizio De André
Il libro di Adriano Chiarelli Malapolizia (Newton Compton), uscito nell’ottobre del 2011, è stato lo spunto per la discussione che si è tenuta il pomeriggio di sabato 8 giugno al centro sociale Conchetta. Il libro-inchiesta svela i retroscena e le questioni più spinose, troppo spesso messi a tacere, delle morti non chiarite che lo Stato vorrebbe farci dimenticare, da Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi a tante altre storie che non hanno avuto la stessa eco mediatica, ma che devono ugualmente essere raccontate. Alla discussione hanno partecipato Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva, e Domenica Ferrulli, figlia di Michele. Hanno raccontato la storia di Giuseppe, ucciso a Varese il 14 giugno 2008, e di Michele, ucciso a Milano il 30 giugno 2011. Due vite spezzate, due storie di violenza che continua a essere negata, due morti troppo uguali a tante altre, insabbiate dai silenzi e dalle omertà istituzionali. Lucia e Domenica parlano e si raccontano. Certo, sarebbe più comodo, e sicuramente meno doloroso, chiudere gli occhi e cercare di dimenticare. Invece Lucia e Domenica i loro occhi li tengono ben aperti, perché non vogliono dimenticare e non vogliono che nessuno dimentichi Giuseppe Uva e Michele Ferrulli, e, anche se ogni parola è un morsa che soffoca un pezzo della loro anima, loro continueranno a parlare finché avranno la forza di respirare. Lucia porta avanti la sua battaglia da cinque anni e il processo sta per andare in prescrizione. È una donna forte Lucia, che si fa carico anche delle battaglie di chi coraggio non ne ha: le rughe che le segnano gli occhi rivelano tutta la sua sofferenza, eppure nello sguardo ha quella luce che non vuole saperne di spegnersi. Non ci crede più nella giustizia Lucia, ma continua a lottare. Per gli altri. Perché non accada più a nessuno quello che è successo a Giuseppe.