TANGO: dalla periferia al centro, andata e ritorno

Appunti di una serata del Festival,  mercoledì 6 giugno, Biblioteca Chiesa Rossa
di  Marcelo Caracoche *

Mentre i ballerini giravano tra i fuochi notturni del tango ci arrivavano delle sensazioni di un deja vu mai risolto … Eravamo nel cortile coperto di una cascina lombarda nella periferia di Milano. Però la cascina è diventata la sede della Biblioteca municipale Chiesa Rossa, quindi l’odore di stalla qua non si sente più di un bel pò. I ballerini giravano nel senso giusto vestiti di nero come richiede la nuova tradizione, la musica era quella della orchestra Juan D’arienzo e questa sensazioni di già vissuto si faceva più pressante. Forse la risposta stava nel passato oscuro del tango, quello in torno al 1880, quando nella periferia di Buenos Aires e Montevideo questa musica cominciò a insinuarsi tra le pieghe della habanera che arrivava da Cuba insieme alla merce nascosta nel ventre della nave. Però l’ambiente dove il tango prese il volo era quello dove la campagna voleva entrare in città, anche lì c’era l’odore violento del bestiame, di un mondo che cambiava velocemente spazzandone via un’altro che non voleva morire e allo stesso tempo si inventava suoi codici di coraggio e soprattutto la sua musica: il TANGO. Questa musica si creò una coreografia propria, aggressiva e sensuale, diversissima da quella del Centro. Forse in posti non diversi della cascina Chiesa Rossa giravano uomini vestiti di nero agganciati a donne straccione e instancabili, tutto questo quando finiva il secolo XIX.
I tempi son cambiati e il tango dopo la conquista del Centro torna in periferia forte del suo prestigio internazionale, si affaccia a questo retaggio del passato della città; a pochi metri del Naviglio Pavese suona una orchestra leggendaria congelata per sempre nel miracolo del disco, intorno al cortile coperto si allarga un manto verde di erba che accresce la suggestione di un mondo fuori, una base aliena nel centro della zona 5,  che palpita al ritmo del TANGO.

In verità questo PRIMO FESTIVAL DELLA LETTERATURA DI MILANO che ci siamo inventati è una base aliena in un mondo che sembra girare in modo differente. Questi  90 eventi non sono stati creati dal nulla, perchè dietro ci sono state professionalità, sapere, qualità  e la sensazione forte è quella di sentirsi parte di un progetto orizzontale che si presenta alla città in modo alternativo.
Un festival dove per esempio non è presente un cognome come Sgarbi a succhiare soldi pubblici, anzi nel nostro Festival non ci sono soldi pubblici, neanche un euro. E questo mi sembra un’alternativa di non poco conto.

La MILONGA SOTTO LE STELLE di ieri sera, la gente entusiasta che applaudiva i ballerini e alla musica dal vivo volevano di più;  i gruppi di ballerini dell’associazione TANGOMORPHOSI, (creata a Milano per la ballerina argentina MARINA FUR per la diffusione del tango e la cultura argentina), i maestri di tango Luca Napoli e Caterina Cuppari  (col loro il seguito di amici e allievi di Nova Milanese), la cantante di Yerba Mala Maria Soledad Tulian;  tutti questi artisti hanno partecipato alla serata per il piacere di fare qualcosa per la cultura e per loro stessi e le persone che hanno organizzato, in primis il responsabile della biblioteca Pasquale La Torre con i sui collaboratori, Paolo Martinato che si è occupato di tutti gli impianti, Viviana De Filippis per la promozione, tutti desiderosi solo che l’evento piacesse … ed è  stato così !
Abbiamo chiuso la serata tardi, per un po’  la sensazione di deja vu mi lasciava, sentivo una connessione mentale tra la periferie di Buenos Aires di fine 800 con questo retaggio milanese incastrato tra Naviglio e Lambro e forse  più di una;  però la più suggestiva rimane per me, quella dei milongheri impegnati (contro tutti i pronostici) a creare una musica tutta loro dove non c’era  e quella di un gruppo di alieni impegnati contro tutti i pronostici a creare un Festival dove non c’era, fuori degli schemi e lontano del Centro.

*scrittore argentino

foto by Viviana De Filippis

Milonga in parole

Il commento per immagini
di Luca Volpi