
Due voci di_versi a dirsi
Il bello di questo Festival, tra le mille altre cose, è la capacità di trasportarti da un universo all’altro senza rendersene conto. C’è di tutto, ce n’è davvero per tutti i gusti: programma alla mano, basta solo avere il tempo di fare un buon piano di battaglia, con la consapevolezza purtroppo che non si potrà vedere tutto. E il mio venerdì ne è stato un esempio quanto mai calzante.
Ore 18.30: mi presento al Vinodromo Bistrot, dove trovo Angela Greco, poetessa tarantina che qui presenta A sensi congiunti, e Antonella Taravella, che presenta le poesie di Aderenza, accompagnate da Costantino Piazza, moderatore dell’incontro. So già che non mi potrò fermare a lungo, perciò approfitto del poco tempo che ho a disposizione per conoscere i nostri ospiti.

Antonella Taravella, Angela Greco e Costantino Piazza
Due donne solari, desiderose di confrontarsi con il mondo, pronte a farlo con i loro versi. Si parla di noi, si parla di cultura, si parla di quel che facciamo e di quel che vorremmo fare, di come manifestazioni come questa pare trovino voce solo grazie al contributo volontario e di come, fortunatamente, ci sia un riscontro di pubblico cittadino affezionato (scopro che tra di noi c’è un’affezionata degli appuntamenti de Il Pubblico Narratore). I minuti passano veloci e io ho un tram che non mi aspetta. Dopo una breve introduzione sul Festival (è sempre molto bello trovare sorrisi solidalmente increduli quando raccontiamo il “miracolo” di questa manifestazione) a malincuore saluto i protagonisti e corro a prendere il 24, direzione Duomo.

Massimo Tallone per Frilli Editori e E/O
Corro in via Mazzini, ignoro il traffico commerciale di via Torino ma non posso esimermi da un’occhiata a quella meraviglia che è San Satiro (ahimè, chiusa) e mi infilo nel dedalo di vie che racchiudono il cortile del Dida Café. Qui c’è già Massimo Tallone ad aspettarmi in compagnia di Raffaele Zagaria.

Uno spritz con Massimo Tallone
Le referenze di Massimo, in caso i suoi libri non bastassero, sono delle migliori: la nostra organizzatrice Cristiana Zamparo ne è entusiasta e mi basta parlargli un minuto per capire il perché. Il clima è da subito molto disteso, si passa dalle chiacchiere informali alla presentazione vera e propria senza nemmeno rendersene conto.
Massimo in questi giorni sta presentando Il diavolo ai Giardini Cavour edito da E/O, ma alle spalle (letteralmente e praticamente) ha una sfilza di titoli, la maggior parte dalla ormai inconfondibile copertina gialla di Frilli Editori, che fanno quasi pensare a un irrisolto problema di grafomania. E invece no. A differenza del Cardo, suo affezionato protagonista “cialtrone, sporco e porco, sempre sbronzo, ma in fin dei conti lucido quanto basta”, Massimo Tallone scrive con rigore quotidiano (retaggio dell’educazione calvinista paterna?) con il solo intento, dal 1984 se non erro, di scrivere sempre un romanzo migliore del precedente. E’ un autore estremamente consapevole del suo pubblico, o meglio, dei suoi pubblici, e proprio per questo scrive testi in cui i livelli di lettura, partendo da una superficie apparentemente immediata ed elementare, si accumulano fino a richiedere un lavoro di interpretazione non indifferente da parte del lettore. E con consapevolezza, distribuisce sapientemente la sua produzione a seconda delle case editrici per cui scrive, dosando sottilmente comicità e umorismo a seconda delle necessità.

Raffaele Zagaria e Massimo Tallone
Abile con la parola in tutte le sue forme, sia essa scritta o parlata, Massimo ricerca parole precise per i suoi romanzi: le sue “foglie di acero color brodo” temo mi rimarranno impresse per molto, così come il “sole euclideo” mi sembrerà ancora più bruciante del solito. La sua cura nella ricerca è sì farina del suo sacco, ma non solo: da lettore feroce, si è cibato dei grandi classici di Simenon, ama il lato meno marinaresco di Conrad e da vero intenditore suggerisce capolavori di comicità classica come Gargantua e Pantagruel di Rabelais. Nel suo percorso di costruzione a ritroso, ci confida come la famigerata “‘ispirazione” sia per lui è germinale, lo spunto di partenza che va nutrito, curato, seguito e cresciuto fino a che non prenderà la forma compiuta di romanzo.
L’incontro doveva durare il tempo di un aperitivo: i bicchieri sono vuoti da un po’, ma non vorrei proprio andarmene. Sono già in ritardo per il prossimo apputamento. Una domanda ancora, una stratta di mano, uno sguardo fiducioso ai libri che a breve leggerò e il traffico del centro mi fagocita di nuovo. Altro giro, altra corsa. Mi aspetta una serata Beat. (to be/at continued…)