Per restituire a Casa Merini tutta la poesia che si merita

CollagesMilton

Al Torchietto Bistrò

da venedì 7 a sabato 15 febbraio in esposizione i quadri di Milton Fernàndez

Dopo la chiusura della casa museo dedicata ad Alda Merini per mancanza di fondi, il Comune di Milano ha indetto un bando per affidarne la gestione a un’associazione no-profit.
L’Associazione FestivaLetteratura, contenitore di tutta quella cultura che “profuma di buono”, autentica, che sa volare in alto partendo dal basso, vuole partecipare al bando per restituire a Casa Merini tutta la poesia che si merita.
Le idee non mancano. Gli autori, i poeti, gli artisti, i danzatori, gli attori che fanno parte del Festival sono pronti a cominciare l’avventura. Il Comune di Milano ha però messo come clausola alla partecipazione al bando una caparra di 5000 Euro. L’associazione MFL ha quindi deciso di iniziare una raccolta fondi con una serie di iniziative.
Fulcro degli eventi sarà il Torchetto Bistrò, splendido locale della vecchia Milano sulla sponda del Naviglio Pavese a due passi da Casa Merini.
Si inizierà con un’asta di quadri di Milton Fernàndez, in esposizione nel locale dalla sera di venerdì 7 febbraio.
Sotto ogni quadro verrà messa una busta nella quale le persone potranno inserire un foglietto con il proprio nome e la cifra proposta.

il 15 febbraio alle ore 18.30
serata finale
Amo i colori – Serata d’anime e di bellezza per restituire a Casa Merini tutta la poesia che si merita

con  spoglio delle offerte e musica, poesia, recitazione e tanto altro… in realtà solo un piccolo assaggio di quello che potrà diventare la casa museo con il Festival della Letteratura.

INFO: Cristiana Zamparo, tel. 3471906148, Ass. MilanoFestivaLetteratura

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La festa di chiusura

Nonostante la pioggia e il freddo, ci siamo ritrovati in tanti per la festa di chiusura alla biblioteca Chiesa Rossa: ci siamo incontrati e salutati, abbiamo parlato delle diverse esperienze, abbiamo mangiato e bevuto insieme e ci siamo dati appuntamento al prossimo anno.
I nostri volti sorridenti raccontano di quanto siamo orgogliosi di questa seconda edizione… e, state tranquilli, abbiamo già steso l’elenco degli errori e di quanto possiamo migliorare.
Grazie a tutti!

La cultura, la musica e i gelsomini

Arrivo al Chiostro dei Glicini dell’Umanitaria a incontro già iniziato, perdendomi per cortili: la pioggia ha obbligato a spostare la conferenza “Di che cosa parliamo quando parliamo di cultura?” in una delle sale interne. Entro mentre Massimo Arcangeli (linguista, critico letterario e consulente della Dante Alighieri) sta parlando dell’esigenza di creare un approccio più materico e visivo nell’avvicinare i più giovani alla cultura. Cita un aneddoto che ha a che fare con i suoi studenti e la giardinetta, tra cinema e letteratura. Perdo subito l’imbarazzo del mio ingresso ritardatario e affannoso, immaginavo un dibattito un po’ ingessato. Non lo è. Ci si pone ancora il problema della separazione tra cultura “alta” (i relatori mi perdoneranno: una delle missioni della serata è combattere le virgolette aeree, sostituiamole piuttosto con grasse parentesi!) e cultura popolare. Certo, non è un problema attuale, Gramsci docet. Non si trovano soluzioni immediate, ma tutti sembrano convenire che non si tratta di rendere pop ciò che non lo è. Pensiamo alle schitarrate da oratorio nei canti liturgici, per esempio (l’ispirazione di Lorenzo Arruga, moderatore dell’incontro, viene dal libro “Musica maledetta. Il trionfo della non-musica” di Mario delli Ponti. Basta un suo accenno a scatenare le nostre risate assenzienti!), dove la presunzione del moderno non è che una volgarizzazione in cui si perde completamente il rapporto tra il sacro e la bellezza. Si tratta, forse, di favorire l’incontro con la diversità, sia la diversità percepita come geografica, culturale, sociologica o condizionata dalla mancanza di strumenti necessari a comprenderla. Per cominciare potremmo prender spunto dai francesi, suggerisce Massimo Arcangeli, che hanno quasi abbandonato la loro identité (autodefinita) per identification (etero definita). Mentre Gaia Varon (docente universitaria, musicologa e conduttrice radiofonica) ci porta su un sentiero pratico parlando della sua esperienza a Radio3. Ci affascina con il suo racconto sul teatro di ricerca di Eugenio Barba, dove tradizione indiana, europea e sudamericana si fondono in un approccio performativo e antropologico, prima ancora che intellettuale. Si parla di condivisione, di internet, della voglia di fare cultura. Mi pare curioso che ad augurarsi un incontro reale, prima che virtuale, siano le più giovani, le ragazze che hanno occupato la libreria Ex-Cuem dell’Università Statale, che con stile e trasparenza hanno portato il loro messaggio: abbattiamo le barriere tra produttori e consumatori della cultura. Speriamo che sia l’inizio di un discorso da approfondire…

Si è passati da Petrarca, Tasso, Leopardi, Manzoni, alla letteratura della migrazione e ai cantautori dei nostri tempi che si sono cibati di narrazioni ottocentesche e poesia ermetica. Là proprio su quel muro/ci sono i nostri nomi cantava Enzo Jannacci.

Non ultimo, Milton Fernandez ci ha messo in guardia da un pericolo di cui poco si parla, la signora censura. Con pochi e visionari frammenti, ci ha riferito della sua esperienza in Uruguay, del teatro come resistenza alla dittatura militare. Dove la catarsi può venire dal racconto di un contadino che ingannò la morte o da un ombrello rovesciato che dai tetti di una casa studentesca di Montevideo capta i segnali di una radio cubana.

Soddisfatta e sognante, torno a casa con un’impensabile scoperta: di questi tempi se vai correndo sotto la pioggia per le strade di Milano, che tu sia in centro o in periferia, senti l’odore dei gelsomini.

Lisa

2084 – Di e con Aldo Stella e Milton Fernàndez

2084Non è facile riemergere da questo spettacolo che ipnotizza per la forza dei suoi contenuti e per la capacità dei due attori di interpretarli. Si applaude entusiasti per la prova ma si rimane lì, un po’ inebetiti, con qualcosa dentro che pesa, pesa più di quanto si vorrebbe. 1984 di George Orwell è un testo straordinario che, pur scritto sessantacinque anni fa, descrive in modo fin troppo lucido quella che è la nostra società. E che non si tratta di un’esagerazione ce lo mostra il filmato che apre lo spettacolo, un montaggio in stile “Istituto Luce” che associa immagini assolutamente attuali ai primi passi del romanzo, quelli in cui si descrive l’oscura dittatura immaginata dall’autore. In un primo  momento si pensa di star assistendo a un film girato per il libro, poi si riconoscono i primi volti e le prime foto di fatti di cronaca e allora ci si sente raggelare. Il gelo prosegue anche dopo, la lettura scenica è pura recitazione e coinvolge fino in fondo, fino a sentire sulla pelle il dolore delle torture fisiche e psicologiche. Tutto, dicevo, diventa tremendamente, fin troppo reale, e si vorrebbe, alla fine, pensare di aver semplicemente assistito a uno splendido spettacolo visionario. Purtroppo, qualcosa ci dice che non è così. Grandissimi Aldo Stella nelle vesti del sadico e lucido torturatore e Milton Fernàndez che ha interpretato Winston in modo davvero toccante. Molto molto bravo anche Andrea Bassani che ha composto le musiche e montato il filmato inziale.
Uno spettacolo da rifare molte volte ancora, sia mai che qualcuno si svegli.
Cristiana Zamparo

Corazòn al Sur – Poesia, ritmi e colori dal Sud del mondo per la prima notte del Festival

corazonMilano è lontana, questa notte, alla biblioteca Chiesa Rossa. Si parla spagnolo, per lo più, e le note che si ascoltano arrivano da un’altrove che diventa qui e ora. C’è della malinconia in quelle note, la malinconia che – come dice Milton Fernàndez che conduce con il suo consueto calore la serata – non può che contraddistinguere la musica, la poesia e anche l’amore di quei popoli che abitano la terra di Amerrique. E ci spiega che c’è chi sostiene che America, alla faccia del Vespucci, potrebbe derivare da una parola che in lingua lenca-maya significa “la terra dove soffia forte il vento”. Un vento che continua a portarli via, uno dopo l’altro, e che invece questa notte sta facendo fare a tutti noi il viaggio inverso. E questo vento si riempie di poesia. Milton legge – facendoceli sentire sulla pelle – Juan Gelman, Mario Benedetti, Oliverio Girondo e intanto Angel Galzerano, cantautore, uruguaiano anche lui, ci incanta con la sua voce e la sua chitarra. Assieme a lui Sergio Lussignoli coccola sulle sue ginocchia un bandoneon che è ancora un’altra poesia.
E poi il coro Hispano-Americano e danze dall’Equador e Perù ci accompagnano in questo viaggio che termina ballando tutti insieme un candombe, il ritmo tipico uruguayano che ci rimarrà nelle orecchie ancora per molto, in questa prima notte di Festival.
Cristiana Zamparo