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Milano, Genova, Torino: geografie metropolitane dalle tinte nere
La serata questa volta è iniziata sotto i migliori auspici: la splendida terrazza del Caffé Click, un angolo di tranquillità invidiabile accanto allo Spazio Forma, vantava per soffitto uno di quei cieli azzurri che si accompagnano a un’aria leggera. Roba rara, a Milano.
Giusto il tempo che gli impavidi Andrea, Loris e Paolo montassero gli strumenti degli Ipnodelica e poi abbiamo iniziato la nostra serata.
O, per meglio dire, il nostro viaggio. Un tour di tre ore partito da Milano, dove Sergio Scorzillo ha prestato una seducente voce alle parole di Lady Noir, libro (indovinate voi il genere?) della giovane milanese Isabella Pesarini, edito da Arduino Sacco Editore. Un romanzo nero che dà voce alle forme dell’amore nelle sue possibili declinazioni e distorsioni, perfettamente sottolineate dalla musica sperimentale del gruppo padovano.
Le note scorrono veloci, anche le parole di Sergio, e in un attimo è il turno della prima della scuderia Frilli Editori, che ci catapultano a Genova. La Genova raccontata da Maria Teresa Valle ne Il conto da pagare è una Genova a doppio binario temporale: si parte da un omicidio ai giorni nostri per tornare a indagare su uno dei periodi più oscuri della nostra storia recente, quello del terrorismo delle brigate degli anni Settanta, in un avanti e indietro temporale che incolla il lettore alle pagine. Un’indagine che Maria Teresa ha tenacemente voluto, forte della consapevolezza che si tratti di un decennio irrisolto in cui le vittime, nella maggior parte dei casi, non sanno tutt’ora dare un volto ai loro carnefici, che girano impuniti tra di noi. Il tutto raccontato dall’autrice con pacata fermezza, così come ferma è la sua protagonista Maria Viani, nerboruta (cito la puntuale definizione di Patrizia Debicke, che ci ha accompagnato per tutta la serata) indagatrice dilettante che dal 2008 esce dalla penna di Maria Teresa per raccontarsi sulle gialle pagine dei Frilli.
Da Genova è il momento di risalire verso il Piemonte per fermarci a Torino in compagnia di tre autori del nostro ormai affezionato editore Frilli, in una chiacchierata informale che tratteggia tre profili molto diversi.
Partiamo da Rocco Ballacchino, unico torinese d.o.c. a dispetto del nome, che con Trappola a Porta Nuova svela le complicate conseguenze di un mancato appuntamento nato su un social network. Dostoevskiana memoria di delitti e castighi per il suo protagonista, Daniele Bagli, che brancola in una torrida Torino alla ricerca del suo sconosciuto nemico.
Fabio Beccacini (non chiamatelo MAI piemontese: che è ligure, lui!) introduce invece la sua trilogia del commissario Paludi e ci spiega come la scrittura gli sia servita per conoscere Torino e ambientarsi in una città che viveva da “straniero”. Nonostante l’affetto per il suo protagonista, scrive storie corali, gli piacciono i punti di vista che si moltiplicano, le narrazioni collettive. Mentre parla decido che nell’attesa che esca il suo prossimo libro (Ultimi fuochi per Paludi è ormai del 2011) recupererò le origini di Paludi con i precedenti due libri.
Fabrizio Borgio, irrequieto astigiano che ama definirsi il “cugino di campagna”, mette in mostra la sua passione per il cinema da subito, sfoggiando una mise tarantiniana che gli fa guadagnare il mio personale titolo di Mister Noir. Ma subito Fabrizio precisa che il suo non è precisamente uno stile noir: le sue influenze sono orrorifiche e sovrannaturali, in un pastiche di stili che rende i suoi testi, radicati nella sua terra, di cui vuole raccontare folklori e orrori, assolutamente contemporanei.
Non abbiamo ancora fatto in tempo ad ambientarci a Torino che subito qualche sadica goccia di pioggia ci riporta al reale, a Milano, alla nostra terrazza all’aperto, al vento che minaccia gli ombrelloni e al cielo che è tornato (se mai ne avessimo avuto nostalgia) di un ormai familiare grigio. I torines… cioè, i piemont… ok: gli ultimi tre autori ci salutano, il pubblico che ci ha seguito per tre ore si accomiata e gli Ipnodelica propongono un ultimo pezzo. Ma la pioggia stasera non ha voglia di muoversi dal cielo, le porte della terrazza si aprono e dallo Spazio Forma arrivano altre persone, catturate dalla musica. E mentre i ragazzi di padova decidono di regalarci ancora qualche pezzo del loro repertorio, ci accorgiamo che anche dalle finestre dei palazzi che ci circondano fanno capolino degli spettatori che con discrezione hanno seguito la serata dai loro “palchi privati”. E ci godiamo così le ultime note ipnodeliche di questo giovedì di Festival della Letteratura di Milano con vista dalle terrazze.
Tutte le tinte del noir milanese
Un temporale estivo ha battezzato l’apertura degli incontri del Festival Letteratura Milano alla Libreria Popolare di Via Tadino.
La giornata in effetti era forse stata troppo assolata per un incontro con i giallisti milanesi di Frilli Editori: meglio un po’ di grigio per creare l’atmosfera? Detto fatto!
L’acquazzone non ha però fermato il pubblico, che si è presentato puntuale all’appuntamento per godersi una chiacchierata con le penne milanesi del noir.
Dario Crapanzano (ultimo libro Il delitto di Via Brera, Fratelli Frilli Editori), con la sua serena aria “impunita” che conserva un po’ della spregiudicatezza del pubblicitario che è stato, ci ha raccontato la Milano del suo commissario Arrigoni, tratteggiando con precisa memoria il quadro in bianco e noir di una città anni ’50. La Milano del commissariato di Porta Venezia con i suoi locali, le sue case chiuse, le portinaie efficienti che sanno tutto di tutti, i cavalli che trainano feretri o che portano il ghiaccio, i criminali che tutto sommato non sembrano così cattivi e le donne bellissime che quasi sempre sono coinvolte in un delitto, maglio se vittime.
Quando la parola passa al trio di Operazione Madonnina – Milano 1973 (Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone) il quadro diventa a colori. Ma sono i colori sbiaditi dei film di Di Leo come Milano Calibro 9, una città molto più dura e feroce, in cui un trio di soliti ignoti pianifica il colpo del secolo: il furto della Madonnina. Riccardo, Andrea e Francesco, che un po’ per gioco hanno accettato la sfida di Luca Crovi per la scrittura di un testo a sei mani, spiegano come hanno messo insieme questo libro durante gli aperitivi al Joker di Via Colonna, creando ognuno un personaggio e poi divertendosi “a cambiargli i connotati”, in una scrittura collettiva che ha una fluidità e un ritmo sorprendente.
L’appuntamento è così riuscito che il pubblico fatica a staccarsi dagli autori anche durante l’aperitivo offerto dalla Libreria Popolare! Unico rammarico: per proseguire la lettura di Operazione Madonnina, in questi giorni uscito con la seconda ristampa dopo un lancio folgorante, dovrò aspettare la fine del Festival!
Grazie di cuore a Luca Crovi, eccellente moderatore, a tutti gli autori e a tutti i lettori che hanno sfidato il temporale per farsi un giro nel passato milanese.
Un viaggio nel deserto del mondo e 23 birre per 23 scrittori
Continua tra eventi diversissimi il Festival della letteratura milanese e la mia giornata di ieri è un esempio della varietà che lo contraddistingue. Alle ore 19.00 sono andata al Vinodromo per assistere alla presentazione del romanzo di Bijan Zarmandili, nato a Teheran, ma che vive a Roma dal 1960. Lavora come giornalista esperto della politica del Medioriente per il Gruppo Espresso-Repubblica e questo è già il suo quarto romanzo. Non ho ancora letto il romanzo, ma una breve lettura della trama mi ha incuriosito al punto che l’ho subito comprato e intendo recensirlo prima possibile. Pubblicato nel 2011 dalla casa editrice romana Nottetempo, il libro si chiama I demoni del deserto e ieri è stato presentato dalla giornalista e autrice Daniela Padoan e da Liliana Rampello, studiosa, critica letteraria, autrice di illuminanti saggi, molti dei quali su Proust e Virginia Woolf. La storia è ambientata in un Iran senza tempo, anche se un tempo ce l’ha: è il 26 dicembre del 2003. Un anziano nonno e sua nipote sono gli unici sopravvissuti a un terremoto e a un vento di morte che hanno distrutto completamente la città dove vivevano. Insieme cominciano un viaggio che li condurrà a sud, verso una nuova vita che cercheranno faticosamente di costruire. I due personaggi sono entrambi inaccessibili: la bambina è chiusa in se stessa, autistica, vive in una sua alterità; il nonno è un maestro che per tutta la vita ha vissuto nelle sue certezze e che ora, essendo tutte crollate, deve metterle in discussione, riscoprendosi. “Volevo scrivere un romanzo sulla vecchiaia”, ha detto l’autore, per “mostrare che la vecchiaia non è una stagione statica e immutabile”. Sia le curatrici che l’autore hanno saputo mettere in luce gli aspetti salienti e le bellezze del libro: la sua scrittura tattile, che procede per immagini, per colori, per temperature. I demoni del deserto è un libro sul rapporto tra il passato e il futuro: due personaggi sfuggono dal caos per trovare un nuovo ordine. Ma questo caos non è solo una catastrofe da cui scappare: è anche l’occasione di un nuovo inizio e l’autore ne scorge la bellezza. Zarmandili, con questo romanzo, comunica la sua grande passione per il mondo come strumento di conoscenza e dentro vi troviamo ritratti più mondi.
La gentilezza e la profondità dell’autore mi hanno colpita, ci ha spiegato quanto doloroso sia il percorso di scrittura di un autore che sceglie l’italiano come lingua originaria del suo romanzo ma proviene da un paese in cui per anni gli è stato proibito tornare. Ci ha detto che ci si sente come se si stesse tradendo la propria cultura e si è messo a nudo rivelandoci che: “questo vecchio sono io”. Ancora una volta un evento interessante per l’interazione umana che si è creata tra l’autore e noi ascoltatori.
Di tutt’altro genere la serata cui ho partecipato successivamente. Alle 21.30 all’Henry’s Cafè è iniziato Milano in bionda, evento particolarissimo in cui ventitré scrittori di noir (e non solo!) si sono riuniti davanti a una birra e avevano a disposizione cinque minuti ciascuno per raccontare il proprio libro ai presenti. L’atmosfera di festa e l’allegria si sposavano con il divertimento di un venerdì sera a Milano, a simboleggiare il fatto che la letteratura può essere portata nei luoghi più diversi, per promuoverla e farla conoscere nei modi più vari. Curato da Paolo Roversi, l’evento ha avuto un’ottima partecipazione di pubblico ed è stato divertente vedere come gli scrittori presentassero in pochi minuti i loro testi in modi così differenti, a seconda dei loro temperamenti.
Lo spirito del Festival era anche questo: fare in modo che, per cinque giorni, la città risuonasse di voci poetiche e letterarie, in ogni suo angolo: nei caffè, nelle librerie, nelle biblioteche, nei pub, nelle stazioni, nelle piazze, nelle scuole.
Claudia Consoli