14 maggio 2016, al Mudec: la mattina presto i volontari al lavoro per i preparativi della giornata.
foto di Carolina
14 maggio 2016, al Mudec: la mattina presto i volontari al lavoro per i preparativi della giornata.
foto di Carolina
Fissate le date per la terza edizione, aspettiamo le vostre proposte di partecipazione: se avete qualcosa da raccontare, se avete un luogo da condividere, se volete dare una mano nell’organizzazione, vi aspettiamo.
La formula del FestivaLetteraturaMilano sarà ancora la stessa e protagonisti saremo ancora tutti noi, la gente che legge e quella che scrive, coloro che raccontano con la penna, con la voce, col corpo e coloro che hanno voglia di ascoltare.
Andate sul sito del Festival per tutte informazioni.
Giovedì 24 ottobre alle 19.00 si terrà la prima riunione con i volontari del Festival della Letteratura Milano 2014.
Chi fosse interessato faccia un salto: vi racconteremo chi siamo, come siamo nati, come ci siamo mossi negli anni passati e come abbiamo intenzione di farlo quest’anno.
Soprattutto inizieremo a fare un piano di lavoro, tutti insieme, ognuno in base alle proprie disponibilità e capacità.
Perché il Festival della Letteratura è di tutti e, se lo vorrete, diventerà anche vostro.
Ci vediamo al Torchietto Bistrò, che gentilmente ci mette a disposizione lo spazio, in Via Ascanio Sforza 47.
Se siete intenzionati a partecipare solo alle giornate del Festival e non alla fase organizzativa, ovviamente non serve che veniate. Mandateci solo un’altra mail in cui ci definite questa vostra modalità di partecipazione.
Vi aspettiamo!
Il Festival della Letteratura di Milano sta preparando i prossimi eventi e sta cominciando a lavorare sull’edizione 2014.
Fatevi avanti!
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Nonostante la pioggia e il freddo, ci siamo ritrovati in tanti per la festa di chiusura alla biblioteca Chiesa Rossa: ci siamo incontrati e salutati, abbiamo parlato delle diverse esperienze, abbiamo mangiato e bevuto insieme e ci siamo dati appuntamento al prossimo anno.
I nostri volti sorridenti raccontano di quanto siamo orgogliosi di questa seconda edizione… e, state tranquilli, abbiamo già steso l’elenco degli errori e di quanto possiamo migliorare.
Grazie a tutti!
Laura Orsolini è una donna vulcanica. La sua energia è stata travolgente e contagiosa dal nostro primo incontro al Salone di Torino. Oggi però è così emozionata che quasi non si direbbe che dietro di lei si nasconde l’irriverente e pettegola Frutta Candita, autrice del suo primo romanzo Io semino vento.
Raffaella dell’Anadima Bistrot ci accoglie con premura e il clima, complice l’aria rilassante e familiare del locale, si fa da subito intimo. Antonio Salviani scoperchia latte dalle tinte pastello, dispone i pennelli ed è subito all’opera: accompagna infatti la presentazione del libro con una trasformazione. O meglio, riporta in vita vecchi capi d’abbigliamento con la sua pittura. Laura fa la stessa cosa, ma con le parole: riporta in vita storie e le fissa per noi sulla carta, perché non vengano dimenticate. Perché non si perda un pezzo del nostro passato. Perché ci sia la possibilità per tutti, anche per le prossime generazioni, di conoscere un mondo che dista meno di un secolo da noi ma che sembra lontano anni luce.
Laura è qui oggi, in compagnia di Valentina Ciannamea e di Natascia Pane, per raccontarci la storia di Teresa, che ha racchiuso nelle pagine ancora calde di stampa (Luca Malini de La Memoria del Mondo Edizioni ha fatto l’impossibile perché il libro arrivasse in tempo) di L’alba si portò via la notte. Teresa, nel 1927, è una giovane donna di Gallarate che si è da subito rimboccata le maniche per far fronte a una situazione economica difficile e che, con coraggio e una buona dose di audace incoscienza, decide di partire alla volta di Mogadiscio, nella Somalia delle colonie italiane dagli anni ’20 al 1947.
Laura ha un profondo rispetto per le storie che racconta, e lo dimostra ancora una volta nella scelta, stilisticamente impegnativa e potenzialmente restrittiva dal punto di vista dei lettori, di far parlare Teresa esattamente come si esprimeva una giovane gallaratese nel 1927: in dialetto. E lo fa con accuratezza e meticolosità, affiancata da Franco e Mario Puricelli, che affinano ogni parola secondo la giusta inflessione locale. Abbiamo poi il piacere di avere con noi il dott. Antonio Giollo, “colpevole” di aver raccontato a Laura la sua storia, la storia di sua madre, l’audace Teresa. Le numerose immagini, generosamente concesse alla fine del romanzo, ritraggono una giovane donna dall’aria sicura, la nostra protagonista per l’appunto, e una coppia di fratellini in braghe corte e sandaletti in cui ci divertiamo a riconoscere il ben più adulto dott. Giollo.
E’ quasi un mese che aspetto di vedere come va avanti la storia di Teresa, da quando Laura mi ha messo in mano, con tutta l’emozione che un autore dovrebbe sempre avere, l’estratto cartaceo del libro. Una ventina di pagine leggere che ho voracemente divorato. Perché in quelle pagine c’è sì la storia di Teresa, ma c’è anche la storia di un luogo, di una generazione e di mondo con cui ho la fortuna, da brava nipote di nonna milanese, di essere cresciuta. Quelle parole, quei racconti, quel dialetto profumano di paese. Profumano della mia infanzia, di quel periodo in cui si ascoltano, incantati, i nonni che narrano vecchie storie. Una madelaine da leggere.
Natascia legge il brano in cui Teresa prepara la valigia per partire alla volta dell’Africa e io devo fare un sforzo per uscire da quella stanza, distogliere lo sguardo dalla valigia che si riempie e dai vestiti che si piegano e tornare al reale. Ma il libro si chiude e le nostre tre signore mi aiutano a ritornare al 2013 accelerando il ritmo dell’incontro, che decidono di chiudere nel modo più frizzante, con “un’intervista doppia” a Laura Orsolini vs Frutta Candita. Non posso regalarvi il libro, ma almeno guardatevi l’intervista qui.