Dalla poesia al Beat, passando per il giallo (parte seconda)

Un giro in tram, recupero la macchina e volo al Goganga. Qui mi aspettano un autore, un attore, una band vestita di tutto punto e… una serranda abbassata. Già, abbassata. Perché le serate al Goganga partono tardi e sono un tutt’uno con la notte. E noi del Festival, che amiamo insinuarci in ogni anfratto urbano, decidiamo di assecondare il ritmo dei padroni di casa. Tiriamo in lungo, facendo un ottimo uso del tempo che ci stiamo regalando per chiacchierare, conoscerci, raccontarci e viverci un po’ insieme. Un momento di calma prezioso (sarà l’occhio del ciclone?) che nel tourbillon festivaliero bisogna saper cogliere al volo.

Davide Verazzani: La Versione di Neil

Davide Verazzani: La Versione di Neil

Gli amici arrivano, il pubblico più “letterario” fa timidamente capolino dalle porte a lui poco note e qualche habitué del locale ci guarda con aria altrettanto sospetta: cosa sta per succedere questa sera sul palco del Goganga?
Una luce ritaglia uno spazio tra due microfoni e siamo pronti a iniziare il nostro viaggio: Milano-Liverpool A/R!
Davide Verazzani, con sintetico trasporto, ci presenta il suo testo teatrale, La versione di Neil (Una vita con i Beatles), che debutterà il 4 ottobre al Teatro di Ringhiera di Milano.
Neil Aspinall è stato per 10 anni prima road manager, poi assistente personale dei Beatles. Sempre al loro fianco, in studio e durante i tour, a condividere tutto con i Fab Four. Neil ha davvero visto cose che noi umani possiamo solo immaginare. E le racconta a noi questa sera, in un reading incentrato sulla particolarissima registrazione del brano “A day in the life”.

Dario Sansalone è Neil Aspinall

Dario Sansalone è Neil Aspinall

L’autore cede la parola a Dario Sansalone, che è ora padrone della scena. Ha avuto in mano il copione solo il giorno prima, eppure sembra non abbia mai letto altro in vita sua! Neil ci porta per mano a Abbey Road e le sue parole danno vita a un surreale tableau vivant di costumi, dissonanze, mormorii, accordi e follia. La genialità Fab Four. E poco a poco la vediamo lì davanti a noi, la copertina di Sgt. Pepper, capolavoro corale che si materializza nei nostri occhi, quasi un’allucinazione collettiva.

Neil ha finito il suo racconto per questa sera, e io mi tatuo mentalmente: 4 ottobre, Teatro di Ringhiera. Devo sentire anche il resto!

The Beat Barons

The Beat Barons

E poi è un attimo: sul palco si materializzano quattro ragazzi vestiti di tutto punto che imbracciano i loro strumenti. Dominic Turner saluta il pubblico e il ritmo dei Beat Barons accende il locale. La prima canzone consolida il clima, ma dal secondo pezzo in poi il locale si riempie di ballerini che dondolano i fianchi e si muovono a tempo di beat.

The Beat Barons

The Beat Barons

Siamo ospiti della serata fino a mezzanotte, dopo di noi la solita musica tornerà a riempire le pareti del locale. Ma i ballerini sono con noi, negli anni Sessanta, e non ne vogliono sapere di tornare indietro. E allora sforiamo l’orario, con la complicità dei gestori, quanto mai disponibili, e ci concediamo ancora qualche pezzo. E pure qualche bis. Balliamo, teniamo il tempo con le mani e con le gambe. Di tornare da Liverpool non abbiamo molta voglia. Ma questo è pur sempre il Festival della Letteratura di Milano e allora tornaimo, perché ancora per due giorni Milano sarà un posto migliore in cui stare.

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Il Festival… Alla maniera di John Fante

ChiediAllaPolvereChiedi alla polvere.
Chiedi come sia potuta nascere la stravagante idea di sovvertire l’ordine costituito. Quel signore pieno di regole  e di comportamenti, che elargisce a prezzi di mercato.  Metodi, canoni, precetti e insegnamenti .

Chiedi alla polvere della strada.
Chiedi delle Biblioteche di Milano. Chiesa Rossa, Tibaldi, San Cristoforo, Braidense, Porta Venezia,  Dergano, Gallaratese …
Chiedi delle piccole librerie. Chiedi dei bar e delle osterie. Chiedi dei cortili e delle piazzette. Chiedi  dei parchi e delle birrerie. Chiedi dei circoli e le associazioni. Dei poeti, dei lunatici e dei narratori.
Chiedi  dei teatranti, dei volontari, dei musicisti.
Dei carcerati, dei ballerini, degli attori.
Dei senzatetto e degli editori.
Chiedi della gente. Comune, come  tutti noi, e di quella follia urgente,  collettiva, che decise di uscire per strada a proclamare che la cultura fosse patrimonio di tutti quanti, “che è come dire che la terra è di tutti e non di uno solo/ che il sole non è di uno/ che l’amore è di tutti e di nessuno/come l’aria/ e la morte è di tutti/ e la vita non ha padrone conosciuto. “*
Quella polvere che si solleva in aria, al primo soffio del vento.  Creando forme che nessuno potrà mai scopiazzare, perché sono ogni volta uniche e irripetibili, diverse da ogni altra, uguali a tutti noi.
Chiedi di cinque giorni a Giugno e di un anno che ci vide lavorare (sognare, delirare) per qualcosa nella quale credevamo – avvolti, coinvolti, stravolti – nella quale continuiamo a credere, più decisi che mai.

Chiedi dei santi in paradiso, degli industriali e dei politicanti.
Ti diranno che non si sono visti.
Parlano un’altra lingua, sentono con altri accenti, spalancano gli occhi quando si sentono nominare.
Poi chiudono accuratamente le imposte, in modo che la polvere non si intrufoli tra i faldoni ordinati delle cose che contano.

Chiedi alla polvere, a Junipero Serra, ad Arturo Baldini, al cane poliziotto chiamato Pancho, a Camilla Lopez ( che qualcuno ha intravvisto ai confini del deserto del Mojave), al barista del Liberty Bufflet…
Chiedi a John fante, lo troverai  da qualche parte, in queste strade.
Chiedigli del Festival della Letteratura di Milano.
Ti dirà che riprende  il 5 Giugno, che non hai smesso di cominciare.

Forse ti verrà voglia di prenderne parte.
Oppure di sentirne parlare.
Questa è pressappoco la storia, che non vediamo l’ora di raccontare.

Milton Fernàndez

http://www.festivaletteraturamilano.it/

Chi vuole partecipare alla prossima edizione?

dopo il successo del Primo Festival della Letteratura a Milano (6-10 giugno 2012)
stiamo costruendo il
Festival della Letteratura di Milano 2013
(5-9 giugno)

La filosofia sarà sempre la stessa, protagonisti saremo ancora tutti noi, la gente che legge e quella che scrive, coloro che raccontano con la penna, con la voce, col corpo e, naturalmente, tutti quelli che avranno voglia di ascoltare.

I numeri della passata edizione:

  • 5 giorni di eventi diffusi in 33 luoghi di incontro sparsi in tutta la città per un totale di 87 eventi legati alla Cultura, nella sua più ampia accezione
  • 30 case editrici partecipanti, 20 associazioni culturali, 100 scrittori, 48 tra musicisti, attori e danzatori
  • 7 giornalisti impegnati direttamente sul campo, 6 docenti universitari, 1 magistrato, 1 sociologo
  • 1 gruppo di book bloggers, 5 pubblicazioni specializzate
  • 7 film, 3 mostre, 4 reading poetici indoor e 4 a cielo aperto, 2 passeggiate con l’autore e 1 passeggiata poetica
  • 3 concerti, 5 spettacoli teatrali, 1 gioco intorno alle parole destinato ai bambini e 1 destinato agli adulti
  • circa 200 volontari impegnati a vario titolo nell’organizzazione, pressappoco 4.000 presenze reali di pubblico

Tutto ciò è avvenuto senza un (1) soldo di contributo da parte di chicchessia (quindi senza neppure il supporto promozionale tradizionale), contando soltanto sulla caparbia determinazione di ognuno degli organizzatori, dei volontari, dei partecipanti e persino del pubblico, che tanto ha contribuito a diffondere le diverse iniziative.

Alla chiusura della scorsa edizione è stata inaugurata la Fabbrica del Festival, l’opificio virtuale delle idee in libera circolazione che lavora con le splendide sinergie nate tra artisti, scrittori, luoghi e case editrici. Dallo scorso giugno abbiamo continuato a organizzare eventi, serate e incontri e altri ne proporremo per arrivare all’edizione 2013 con un bagaglio tutto nuovo di esperienze ed entusiasmo.
Per farvi un’idea di quanto è accaduto al Primo Festival della Letteratura a Milano vistate la sezione “Racconti dal festival 2012” su questo blog.

Per informazioni, contatti, proposte, adesioni e per lavorare con noi come volontari
Cristiana Zamparo: organizzazione@festivaletteraturamilano.it

La Cultura dell’Assessore

“…In questi mesi abbiamo visto che possono trionfare la passione, l’impegno, il rispetto; abbiamo dimostrato che si vince con le persone, la nostra ricchezza siete voi, siamo noi. In questi mesi noi siamo andati sulla luna con un aeroplanino di carta, eppure siamo arrivati sulla luna.“
Giuliano Pisapia – Discorso conclusivo campagna elettorale – Piazza Duomo luglio 2010

L’Assessore alla Cultura del Comune di Milano (probabilmente per fedeltà a un voto di silenzio) non risponde alle lettere. Non a quelle poco edificanti, almeno, impegnato com’è nella costruzione di una propria statua di pubblico incensamento. Forse rinverrà a primavera inoltrata, com’è successo quest’anno, a ridosso del calcio d’avvio al Primo Festival della Letteratura di Milano. Rispettosi di questa strana sindrome di stipsi epistolare proveremo da qui in poi a comunicare tramite lettere aperte, sperando che uno dei suoi tanti piccioni viaggiatori possa fargliele avere, prima o poi, magari al prossimo vernissage.
Succederà sicuramente (guarda quanto siamo malpensanti) come lo scorso anno. A ridosso del fatto i suoi collaboratori si faranno vivi, assicurando di non avere mai ricevuto nemmeno una riga delle tante missive spedite, dichiarandosi disposti a collaborare quando ormai tutto è fatto e  giurando, soprattutto,  di non avere nemmeno un soldo da elargire, quindi basti il pensiero.
Di seguito a questo tardivo risveglio, e sulla scia di una volontà di partecipazione facilmente individuabile dalle adesioni al nostro evento, l’Assessore aveva indetto allora tre giorni di incontri all’Ansaldo – le giornate dell’O.C.A. –  alle quali siamo stati invitati, insieme a qualche centinaia di altri soggetti impegnati in ambito culturale, in tutta la città. A titolo assolutamente gratuito, mancherebbe altro, ma a chi può venire in mente di pensare ai soldi, fatti come siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni? Così venne conformata in fretta e furia una kermesse di insostenibile leggerezza, della quale si è persa ormai ogni impronta, ogni costrutto, nata dal tentativo di contrastare la memorabile figuraccia rimediata nei pressi di Macao.
Giorni dopo la chiusura ci arrivò una mail da parte dell’ufficio competente nella quale si scusavano per aver dimenticato di inserirci nel calendario, nonostante l’invito e le nostre proposte di partecipazione. E’ stata una svista dei ragazzi di Esterni, dissero, stremati com’erano dall’enorme mole di lavoro svolto (sic).
Avremmo saputo dopo che Esterni era un’agenzia di organizzazione di eventi, tra le più potenti in città, e che ai ragazzi di Esterni erano stati liquidati  cinquantamila  (50.000) euro per il suddetto lavoro, dopo un bando aperto e chiuso in tempi record, quasi confezionato alla loro misura (si sa come crescono i ragazzi) e senza alcun tipo di concorrenza.

Nella cultura dell’Assessore alla Cultura non trova posto l’idea (da noi più volte sostenuta) che ci sia un altro modo di trattare la materia in cui, volenti o nolenti, siamo tutti coinvolti. Che la cultura appartenga a tutti (come l’aria, come l’acqua), che in essa  abbiamo tutti  il diritto, quindi anche l’obbligo, di impegnarci, cercando di sottrarci a quelle due opposte derive di cui parla Franco Cassano (Homo Civicus, Edizioni Dedalo, 2004), cioè il totalitarismo, che fa di noi dei sudditi, e il mercato, che ne fa dei clienti.
Così, ignorando l’esperienza di un Festival sostenuto soltanto dalla passione di centinaia di volontari che decisero di lavorare gratis (tutti quanti, dagli organizzatori ai partecipanti) per metterlo in piedi, una manifestazione costituita da quasi novanta eventi, svoltasi in tutta la città, a costi zero (0) per la comunità ed esempio concreto di un modo insolito, quantomeno per Milano, di affrontare il fatto culturale, l’Assessore decide di indirne uno tutto suo, a pochi mesi di distanza, con partenza questa volta dal capolinea opposto, cioè dai salotti buoni dei grandi imperi della comunicazione. Quell’editoria da supermercato che ci elargisce sapientemente l’una e l’altra versione della democrazia culturale, in empori sempre più vasti, in spazi appositamente conformati intorno ai nostri più impellenti doveri di consumo, dallo scaffale di Saviano alle piramidi di Fabio Volo e di Paulo Coelho, tra le infinite sfumature di grigio e l’ultimo derivato del presentatore televisivo di turno, passato in un battibaleno tra la schiera degli scrittori, in un paese dove al maialino Babe sarebbe stato conferito lo status di attore, davanti al fatto inconfutabile di aver preso parte a un film.

Ma la cosa sconcertante è che questa enorme corazzata decide di mollare gli ormeggi sbandierando gli stessi principi da noi enunciati, le stesse parole, i medesimi obbiettivi, come è facilmente desumibile dal confronto tra gli inviti e i comunicati  con cui è partita la nostra avventura (si trovano nel sito e su alcune pagine di questo blog) e le dichiarazioni divulgate a mezzo stampa da Boeri e da Mauri.
Sarebbe da ringraziarli per la lusinga, il riconoscimento al fatto che eravamo sulla scia giusta, non fosse per l’avvilente sensazione di stare subendo una rapina da chi dovrebbe invero proteggere il nostro operato, dall’idea  di appartenere (finalmente) a una comunità in cui prevale quel equilibrio delicato e prezioso (sono sempre parole di Franco Cassano) tra diritti e doveri, attenzione e passione, emozioni e progetti, ambizioni private e pubbliche virtù.

In ogni modo, in attesa del cambiamento, noi continuiamo a lavorare in vista dell’edizione 2013 del Festival della Letteratura di Milano. Perché ci teniamo. Perché crediamo in quello che stiamo facendo. Perché siamo caparbi e passionali. Perché lo sapevamo dall’inizio che non avremmo avuto vita facile. Per questo ce la metteremo tutta. Per far diventare la nostra creatura più grande, più partecipativa e più fastidiosa che mai.
E, ultima ma non meno importante, anche per regalare qualche idea da usare in futuro a chi sembra esserne rimasto a secco.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui le leggi assicurano una giustizia eguale per tutti, ma non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Qui ad Atene noi facciamo così. (…)
Ci è stato anche insegnato  di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così. 


Pericle, Discorso agli Ateniesi, 461 A.C

Milton Fernàndez
http://www.festivaletteraturamilano.it/
direzioneartistica@festivaletteraturamilano.it

San Vittore: primi incontri

Giovedì la delegazione del Festival (Milton Fernandez, Cristiana Zamparo, Anna Chiello) ha incontrato una delle responsabili dell’area pedagogica del carcere di San Vittore per la consegna dei libri che avevano partecipato alla 5 giorni milanese.
A parte il fatto di non aver pensato a chiedere il necessario permesso per poter scattare un paio di fotografie a testimonianza dell’evento, l’incontro è stato molto interessante.
Abbiamo ascoltato il racconto delle attività culturali coordinate con impegno dal gruppo pedagogico e seguite con passione dai detenuti: corsi di poesia, incontri con gli scrittori, letture di gruppo…
Per parte nostra, abbiamo raccontato l’esperienza del Festival e esposto il nostro desiderio di far entrare quell’esperienza nel carcere, come momento di incontro fra le diverse comunità della città: “anche il carcere fa parte della città, come ne fanno parte i luoghi dove abbiamo tenuto i nostri incontri a giugno. E in particolare San Vittore, che è collocato proprio nel centro di Milano”. Con queste parole Milton Fernandez ha voluto sottolineare il desiderio di iniziare una collaborazione che duri nel tempo, un incontro fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’, che sia anche uno scambio vero di quelle idee e quelle emozioni che la letteratura (ma anche la musica, il teatro, la danza…) è in grado di suscitare.
Abbiamo chiacchierato, ci siamo confrontati, abbiamo ipotizzato iniziative e abbiamo riscontrato una completa disponibilità, un’autentica apertura.
Ora non ci resta che iniziare a stendere qualche progetto da sottoporre ai nostri interlocutori…e iniziare a lavorare anche su questo fronte, con la stessa passione e lo stesso impegno che hanno fatto nascere il Primo Festival della Letteratura di Milano.

Anche su questo fronte intendiamo lavorare nel modo che ci ha contraddistinto fin qui: con il confronto delle idee, con la raccolta delle proposte, con la voglia e l’impegno di tanti…quindi continuate a seguirci e, se la vostra fantasia ha già iniziato a volare e a disegnare possibili scenari, non esitate a farcelo sapere (contattando Cristiana Zamparo).

La fabbrica del Festival

Ci sono voluti un po’ di giorni per rinvenire un minimo di obbiettività tra la marea di strascichi emotivi lasciati in giro dai cinque giorni di incontri nell’ambito del Primo Festival della Letteratura a Milano. Per abituarci all’idea che tutto fosse già successo.  Andato. Che bisognava ricominciare dal Principio.
Ora proviamo a ragionare con l’altra parte del cervello. Ammesso che ci riesca. A imporci di essere razionali. A valutare riuscite e imprecisioni. Intuizioni e abbagli. A dare i numeri, in una società che di numeri ne fa incetta. Dei quali sembra non si possa fare a meno. L’immancabile indice di comprensione dei fenomeni che la travolgono, una volta finita la sbornia dei sensi.

Ci sono stati 5 giorni, dicevo, che hanno conformato questa prima volta;  trentatré (33) luoghi di incontro,  trenta (30) case editrici partecipanti,  ottantasette (87) eventi legati alla Cultura, nella sua più ampia asserzione,  cento (100) scrittori,  quarantotto (48) tra musicisti, attori e danzatori, venti (20) associazioni culturali coinvolte, sette (7) giornalisti impegnati direttamente sul campo, sei (6) docenti universitari, un (1) magistrato, un (1) sociologo, un (1) gruppo di book bloggers, cinque (5) pubblicazioni specializzate, sette (7) film, tre (3) mostre,  quattro (4) reading poetici indoor,  quattro (4) a cielo aperto,  due (2) passeggiate con l’autore, una (1) passeggiata poetica, tre (3) concerti, cinque (5) spettacoli teatrali, un (1) gioco di coinvolgimento intorno alle parole, destinato ai bambini, uno (1) destinato agli adulti… più circa duecento (200) volontari impegnati a più titoli nell’organizzazione del tutto,  pressappoco quattromila (4.000) presenze reali di un pubblico ancora in formazione, che ci ha aiutati a diffondere le diverse iniziative,  che speriamo di poter informare meglio nella prossima edizione, visto che in quella odierna, la mancanza di risorse ci ha imposto di dover fare a meno di qualsiasi forma di supporto pubblicitario.
Perché non so se l’ho già detto, ma tutto ciò è avvenuto senza un (1) soldo di contributo da parte di chicchessia, contando soltanto sulla caparbia determinazione di ciascuno, quell’ordine stravagante dei singoli fattori, in direzione ostinata e contraria, che finì per alterare, mirabilmente, il prodotto.
Ci sono state (ci sono) anche alcune voci di dissenso. Persino delle polemiche. Certune innescate da motivazioni che abbiamo provato a sviscerare, per cercare di capire. Altre come espressione di uno spirito nazionale amante degli sport poco impegnativi, senza le quali si farebbe fatica a capire che siamo sulla scia giusta.

Come dicevo, ci siamo rimessi già al lavoro. Se posso fare un augurio al Festival che verrà, è quello di non farsi travolgere da quei numeri. Di non perderli di vista, certo, perché sono importanti per coloro che forse vorranno aiutarci in futuro, ma senza smarrire i propri punti cardinali. Di poter andare avanti, convinti, come lo siamo stati finora, che i mezzi siano tanto importanti quanto il fine.
Da settembre cercheremo di fare arrivare all’intero mondo editoriale il nostro appello. Lo abbiamo fatto anche l’anno scorso, ma per qualche strana ragione non sempre fu preso in considerazione. Per questo è che chiediamo a tutti una mano nello spargere la notizia. Perché nessuno possa dire di non averlo ricevuto.
Ci piacerebbe che potessero partecipare tutti quanti, che siano invogliati a farlo. Piccoli, medi e grandi editori.
A parità di condizioni.
Mi auguro anche che i giornalisti della grande distribuzione possano smetterla di chiedere la fotografia dello scrittore di punta, a Festival iniziato, finalmente convinti che ciascuno degli scrittori partecipanti è uno scrittore di punta.
Che sulla scia di un percorso orizzontale la cultura possa riprendere il suo viaggio imprevedibile, critico, sovversivo, quello che si cerca sempre di ricondurre tra i canoni della ragione, che faceva metter mano istintivamente alla pistola qualche gerarca di triste memoria, che continua a provocare attacchi indiscriminati di prurito nei salotti radical-chic del nostro quotidiano divenire.

In questi giorni abbiamo inaugurato la Fabbrica del Festival. L’opificio virtuale delle idee in libera circolazione.  Inutile aggiungere che l’invito a parteciparvi è esteso a tutti quanti. Quelli che con noi, quest’anno, ci sono già stati, e che di quell’ invito possono farne a meno, perché hanno ormai le chiavi di casa. Coloro che si aggiungeranno strada facendo, che  hanno già preannunciato il loro arrivo.
Benvenuti in cantiere. L’anno venturo è iniziato ormai da qualche giorno.

 Milton Fernàndez